Come si fa a pensare di scrivere parole del genere e riuscire anche a metterle in musica in modo perfetto?
Ci vuole una dote innata per creare piccoli miracoli terreni!
"...je accepté le rencontre avec toi
nonostante orgogli
i tuoi baci mon paradis et mon enfer.
Notte e giorno s'incontrano sai
in quegli attimi che morirei..."
"Tancredi e Clorinda" di Nabil Salameh, Radiodervish, 2009
E'indubbio: il mio amante ideale dovrebbe essere un musicista o uno chef.
La musica e la cucina per me hanno un fascino davvero particolare.
Ritengo infatti dote inarrivabile prima di tutto capire come funziona il meccanismo della musica, come studio della stessa (di cui non ho mai capito nulla), poi, ancor più inarrivabile, la capacità di combinare note per costruire melodie sempre nuove. Assolutamente misteriose, poi, restano per me le capacità di destinare queste note ai vari strumenti e di armonizzarli insieme (quello che viene chiamato "arrangiamento") e l'abbinamento a queste note di parole precise e limpide che sulle note si adagiano come su un letto fatto apposta per loro.
Riesco invece, molto di più, a capire la magia e l'alchimia della combinazione dei singoli ingredienti in un nuovo piatto. Il fascino di odori e sapori mi intriga, ma, con gli anni, sono riuscita, almeno un pochino, a penetrare il sortilegio del loro accostamento per creare qualcosa di completamente diverso dalla somma delle parti.
Ciononostante, il lavoro dello chef resta per me una sorta di rito esoterico riservato a pochi iniziati: quello che può cucinare uno chef è sicuramente diverso dall'empirica gustosa accozzaglia di sapori azzeccati che posso produrre io. E' finezza, eleganza, equilibrio di sapori, odori, presentazione. E' perfezione.
Dunque...se incontrassi uno chef che sa suonare per lo meno la chitarra o un musicista che sa cucinare, beh, allora sarei finita, finita davvero.
Stamattina, cercando un po' d'Africa nella nebbia, sono andata in una macelleria islamica a Monza. Il macellaio, persona deliziosa, mi ha dato consigli su quello che volevo cucinare, mi ha proposto un'erba da mettere nel the oltre alla menta, è uscito dal bancone per portarmi le borse di persona, ha regalato un succo alla mia piccola e poi mi ha aperto la porta per farmi uscire con il passeggino.
Sono 12 anni che abito in Brianza e ho girato tanti negozi di tanti paesini e negozi vari di centri commerciali. Non mi è MAI capitata una cosa neanche lontanamente simile a questa!!! A parte il fatto che qui sembra che abbiano sempre tutti una gran fretta (di fare cosa e di andare dove poi proprio non lo so!), ma sembra anche che i negozianti ti facciano un favore a servirti. Se poi non hai moneta di solito ti fanno la faccia scocciata e un piccolo sconto, foss'anche 10 centesimi, NON te lo fanno mai.
Forse i negozianti brianzoli dovrebbero imparare qualcosa da quel macellaio, dalla sua piccola bottega e dal suo sorriso.
Un po' di cortesia e di semplice civiltà.
Quando rientro in una stanza dove c'è la mia piccola, dopo essermi allontanata un attimo, lei mi fa un sorriso così luminoso, assoluto, puro e pieno di fiducia che non so se mi merito davvero come madre, ma che accetto come un regalo preziosissimo e inaspettato. Ogni volta.
Oggi sarà una bellissima giornata, senza dubbio alcuno.
...ho aiutato qualcuno a ritrovare il suo unicorno blu e la cosa mi fa felice.
UNICORNIO
Mi unicornio azul ayer se me perdió
pastando lo dejé y desapareció
cualquier información bien la voy a pagar
las flores que dejó, no me han querido hablar.
Mi unicornio azul ayer se me perdió
no sé si se me fue, no sé si se extravió
y yo no tengo más que un unicornio azul
si alguien sabe de él, le ruego información
cien mil o un millón yo pagaré
mi unicornio azul, se me ha perdido ayer
se fue...
Mi unicornio y yo hicimos amistad
un poco con amor, un poco con verdad
con su cuerno de añil pescaba una canción
saberla compartir era su vocación.
Mi unicornio azul ayer se me perdió
y puede parecer acaso una obsesión
pero no tengo más que un unicornio azul
y aunque tuviera dos yo solo quiero aquel
cualquier información la pagaré
mi unicornio azul se me ha perdido ayer
se fue...
Ho finalmente capito!
Stasera ho avuto un'illuminazione!
Ricordate la famosissima molletta verde delle Primarie del PD (vedi post "Primarie" del 25 ottobre)?
Ve ricordate la scritta?
Sulla quella bella mollettina verde c'era la scritta "Io ci tengo".
Ora, fino a stasera mi sono chiesta cosa voleva dire l'abbinamento molletta-scritta senza venirne a capo.
Io ci tengo al PD e tengo insieme le poche idee rimaste con la molletta?
Con la molletta io ci tengo su il partito? ...come a dire "lo appendo per le palle"...
Io ci tengo appesa in camera la foto di Berluska per giocarci a freccette?
Io ci tengo al programma del PD (a patto che capisca davvero qual è) e per ricordarmelo me lo appunto al bavero del cappotto con la molletta???
Niente di tutto ciò.
Una cosa più banale, ma molto, molto più pratica...
Con la molletta...
...IO CI TENGO SU LE BRAGHE, prima che riescano di nuovo a mettermelo in culo!!!
Ho due figli piccoli e dovrei essere proiettata al futuro. Certo, lo sono, per carità.
Però...non toglietemi il passato.
Il passato torna, filtrato ed edulcorato a volte, altre volte lucido e pungente, altre ancora grottesco e raccapricciante e torna e torna e torna.
Ma non potrei vivere senza passato. Quello che sono ora dipende dal mio passato e da come l'ho vissuto.
Ci sono cose che non vado fiera di aver fatto e ci sono cose che non vado fiera di NON aver fatto.
Ho la mia bella dose di rimorsi e di rimpianti, ma anche il mio bagaglio di soddisfazioni e di sicurezze di "aver fatto ciò che potevo", talvolta anche qualcosa in più.
A volte tornano piccole immagini del passato o un odore o un sapore o una frase o un verso. A volte queste piccole piccole frecce colpiscono duro e profondo e resto per un momento senza fiato. Ma poi passa e, comunque, non potrei vivere senza di loro, di qualsiasi genere esse siano.
Ogni volta re-inglobo queste frecce in me stessa e vado avanti, cosciente che solo voltarmi per un momento indietro mi permette di riconoscere un pochino la strada che ho ancora davanti.
Da tanto non scrivevo una lettera per il gusto di farlo. Non una lettera di lavoro, nè una comunicazione di qualche tipo, solo una lettera e basta.
E da tanto non scrivevo a mano: ormai scrivo con il PC a volte anche la lista della spesa (giuro, l'ho fatto!).
Invece ieri e oggi ho messo mano all'opera e ho riempito tre fogli fitti fitti, in tutto sei facciate di pensieri e parole, riflessioni ed emozioni. Ed è stato bello, davvero, bello come quelle cose che non fai da tanto e che, quando le fai, dici "Aaah, ma potevo anche rifarlo prima eh!".
Non è una lettera dai grandi contenuti o che riflette sui massimi sistemi, ma è incentrata sulla voglia di comunicare e condividere..."compartir" direbbero i sudamericani.
Però sono contenta di averla scritta, e di aver impiegato un po' del mio tempo nel farlo. Mi fa stare bene, mi fa sentire libera, e, soprattutto, mi fa accorgere di aver ancora un cervello che, a volte, funziona.
E, di questi tempi, per me, non è poco.
Stasera è arrivata la letterina della parrocchia: il prete ha iniziato il giro natalizio (NATALIZIO???? A metà novembre??? Gesù deve aver fretta di nascere quest'anno!) di benedizione delle case con relativa questua.
Passeranno nella mia via, guarda caso, proprio nella settimana in cui sarò in vacanza a Sharm El Sheik.
Sonoro ghigno di soddisfazione!!!
Conoscevo, una volta, un gruppo di musicisti davvero in gamba.
Me li aveva fatti sentire e amare un mio amico infilando un paio di cassettine nell'autoradio.
Avevano iniziato anni e anni fa come cover band. Poi, piano piano, hanno cominciato a fare pezzi loro, sempre più belli, sempre più orginali, qualcuno davvero geniale. Li ho amati così tanto da farli ascoltare a tutti, li ho persino "proposti" (o "imposti"???) ai miei alunni e alle colleghe e sono stati da tutti apprezzati moltissimo.
Nei loro concerti, pur essendo loro solo in tre, si creava una magia davvero fuori dal comune, sia per i testi che per la musica, suonata magistralmente, ma, soprattutto, e non temo di essere retorica nel dirlo, con il cuore.
Purtroppo è diverso tempo che questo gruppo ha trovato un modo per guadagnarsi da vivere che relega la musica a comparsa, a sfondo, a scenografia suonata.
Tutto questo non mi piace, li vorrei di nuovo come erano, vorrei che suonassero, perchè sono pochi in Italia, al giorno d'oggi, a saper suonare cose di quel livello e in quel modo.
Ma è solo un mio desiderio, che non influenzerà nessuno, perchè ovviamente ognuno fa le sue scelte.
E poi, diciamocelo, per dei musicisti portare a casa la pagnotta non è così facile, soprattutto in tempi di crisi!!
Peccato, però.
Ieri, andando in giro per la città, ho visto tanti tanti tanti tanti grossi manifesti con la scritta "4 Novembre, giornata delle forze armate - Grazie Ragazzi".
Oggi mi sono cuccata un altrettanto fantastico e grandioso spot in televisione.
Non bastavano le solite parate militari di rito, anche questa fossa di populismo si doveva toccare!
Tutto questo realizzato con i nostri soldi, i soldi delle tasse che NOI paghiamo e che vengono usate per esaltare le forze armate.
E se io non fossi d'accordo che i miei soldi vengano utilizzati in questo modo assurdo?
Magari potrei proporre qualcosa di altrettanto folle? Che so...la giornata nazionale della maestra di scuola elementare...ops, pardon, della docente di scuola primaria di primo grado!
Sì, una bella giornata in cui le maestre sfilano per le strade con carretti pieni di quaderni da correggere, di lavori da preparare, di registri da compilare, di verbali assurdi di riunioni assurde, di verbali di colloqui con genitori ancora più assurdi (i genitori ed i verbali conseguenti!), di relazioni su questo o quell'alunno da presentare a questo o quel centro psicologico, di andate a scuola con l'influenza per non perdere quei 4 soldi che ci danno e così via.
Sì perchè anche io mi faccio il culo triplo al lavoro, mi viene un fegato tanto e guadagno almeno 3-4 volte meno di un militare.
Ah, in più, se morissi sul lavoro, col cazzo che mi darebbero la medaglia e direbbero che sono un'eroina nazionale!
Grazie all'infinita bontà di un amico a cui ho "mollato" i figli, sono riuscita ad andar a vedere il concerto dei Radiodervish.
Ho assistito ad un'ora e mezza di meraviglia pura ed assoluta.
La voce di Nabil Salameh è una coperta calda e avvolgente, che ti trasporta, come un tappeto magico, fuori dal tempo e dallo spazio, ti ricopre, ti culla, ti coccola, ti penetra fino in fondo al cuore, al cervello, alle ossa.
E' di una profondità senza eguali, di un'espressività infinita che viene accompagnata da tutto il corpo, in un crescendo di emozioni.
E fai così un viaggio tutto terreno e umano, grazie a suoni di perfezione estrema che è raro percepire in altro luogo e tempo.
"Ma se è amore perdonami,
perchè unendo divido
anche il mondo a metà,
forse è un angelo che
si diverte così..."
Stasera ho fatto una telefonata che mi girava in testa da tempo di fare, ma non avevo la voglia, il coraggio, il tempo, l'alibi di fare. Stasera l'ho fatta e ho trovato una segreteria telefonica. Ho lasciato il mio bravo messaggio, più sul faceto che sul serio, sdrammatizzando prima di tutto con me stessa. Poi ho messo giù. Stavo uscendo, ero in macchina e di lì a poco avrei incontrato delle persone. Ho ripensato al fatto che nel messaggio che avevo lasciato, avevo detto che ci saremmo sentiti un'altra sera, un'altra volta...no, perchè non volevo che la persona in questione richiamasse stasera, stavo uscendo, per l'appunto, e volevo parlarle con tranquillità, non tra una chiacchiera e l'altra. Poi, improvvisamente, mi sono resa conto di una cosa: nel presentarmi, nel messaggio lasciato, non ho detto il mio nome. Mi sono presentata con un appellativo. Un appellativo particolare, utilizzato da questa persona e basta. E questo mi ha fatto riflettere. A volte pensi che certi legami siano più sottili e leggeri. Saltuari.
Invece, appena ci rimetti mano, ti tornano addosso e ti impregnano di nuovo come se non li avessi mai lasciati, come se li avessi coltivati piano piano, giorno per giorno, tanto che vecchie consuetudini, come quella dell'appellativo, ti tornano in automatico. Ti tornano e ti suonano intime, personali, una nicchia in cui cullarti e consolarti e scaldarti e coccolarti.
E allora, inevitabilmente, ti chiedi come sarebbe stato se quel rapporto, anzichè lasciarlo diventare saltuario, l'avessi davvero coltivato giorno per giorno, momento per momento, con cura e attenzione.
Come sarebbe adesso la nicchia?
Ma, soprattutto, dove?
"Anch’io credo… Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards. Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l’affitto ogni primo del mese. Credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finchè non si sta in piedi. Credo che un’Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa. Credo che non sia tutto qua; però, prima di credere in qualcos’altro, bisogna fare i conti con quello che c’è qua: e allora mi sa che crederò primo o poi in qualche dio. Credo che se avrò mai una famiglia sarà dura tirare avanti con trecentomila al mese, però credo anche che se non leccherò il culo come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose. Credo che c’è un buco grosso dentro, ma anche che il rock and roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici, bè, ogni tanto questo buco me lo riempiono. Credo che la voglia di scappare da un paese di ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx… Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perchè comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti, ti serve molta energia. Ecco, allora vedete di ricaricare le vostre scorte con questo…" dal Film "Radiofreccia" di Luciano Ligabue
Classe 1971, un marito e due figli.
Faccio la maestra.
Adoro leggere, guardare film, viaggiare, cucinare, vedere gli amici, sentire musica e scrivere.
Qualcuno mi chiama "Nonna".
A volte vorrei urlare qualcosa al mondo...oppure urlare e basta, seduta tra due falò.
Questo forse è un modo di farlo.
Ah...
Il blog, come potete notare, è ispirato ad uno dei più bei personaggi cinematografici mai pensati: Ivan Benassi, detto "Freccia".