sabato 23 dicembre 2017

Il lavoretto di Natale.

A metà novembre (a voler essere ottimisti) o, addirittura, agli inizi di novembre (grazie ai colleghi più previdenti, purtroppo) inizia l'odissea del lavoretto di Natale.
Dopo secoli di scuola, si possono distinguere ormai alcune fasi tipiche.

La ricerca
Tutti i colleghi di arteedimmagine cominciano a cercare un'idea, che però, quell'anno, sia davvero risolutiva, una roba, insomma, che faccia restare a bocca aperta genitori, nonni, parentame vario e faccia dire a tutti "Ooooh, ma che bravo che sei stato e che brava la tua maestra a fartelo fare".
Dopo una settimana di ricerche su libri,su riviste, in rete e di confronti nel corridoio a suon di "Questo è già visto, questo è troppo difficile, questo è banale, per questo non abbiamo i materiali", si passa ad una nuova ricerca: quella del lavoretto che...almeno sia carino.
Altro giro di confronti e di considerazioni.
E, dopo un'altra settimana ancora, si giunge alla rassegnazione del "Facciamo questo: facile, poca fatica, poco costo e insomma, anche se è un po' una cosa già vista, mica moriranno, no?".
Il livello è quello del "ma in fondo chissenefotte", ma, ormai presi dallo spirito natalizio, nessuna maestra lo ammetterebbe mai; almeno davanti ad un nutrito gruppo di colleghi...perchè, poi, nei sussurri in corridoio, beh, quella è tutta un'altra storia.

La realizzazione
Quando poi si è deciso di realizzare un certo "lavoretto" ecco che, puntualmente, succedono alcune catastrofi del tutto reiterate negli anni e, dunque, prevedibili, ma per le quali, incredibilmente, ogni anno ci si trova impreparati, peggio della protezione Civile dopo un'esondazione annunciata da settimane di piogge battenti.
- Il materiale non si trova più: era lì fino al giorno prima e sembra improvvisamente sparito! Dov'è finita la tempera verde? E il glitter oro? E i fiocchetti rossi? E via a comprare nella cartoleria più vicina o dai cinesi (benedetti cinesi!) cominciando a sperperare, a fondo perduto, una parte della tredicesima che si deve ancora riscuotere. La domanda su quale lavoratore è così coglione da spendere parte del suo stipendio per materiali del suo lavoro che poi finiranno - criticati - in casa d'altri eviterò di farla, ovviamente per non avere la risposta scontata che ne segue.
- Quel - poco - di materiale che dovevano portare i bambini non arriva. Ho provato ad attendere due settimane - dico due - per avere in classe l'anima di un rotolo di carta igienica, chiedendomi, invano, se in quelle case nessuno cagasse mai. Poi l'ho portata io da casa mia, tanto per la rabbia mi era venuta la colite e quindi...
- I bambini cominciano ad assentarsi proprio nel giorno in cui tu devi realizzare il lavoretto. E si assentano a macchia di leopardo. Così dopo due settimane ne hai tre che devono iniziare, due che sono a metà lavoro e cinque a cui mancano gli ultimi particolari. E hai l'agenda piena di post it per ricordarti "Incollare palline Gigino", "Glitter su Emmina" e così via.
- Durante l'intervallo, sebbene tu abbia fatto una barriera tipo bunker della prima guerra mondiale intorno ai lavoretti, qualcuno, regolarmente, ci  precipita sopra. E allora rimonta il tutto a Micheluzzo, re-incolla a Bettina, consola Annina che frigna disperata e intanto tu spari l'intero repertorio di parolacce mentali che conosci.

L'impacchettamento
Quando finalmente tutti i lavoretti sono in fila in fondo all'aula, corredati del loro bel bigliettino, che arrivi quasi a pensare che siano belli, ecco che ti arriva l'ultima mazzata: devi impacchettarli.
Se hai alunni di quarta o di quinta, allora più o meno ti aiutano e te la cavi. Ma, fino a che sei in terza, sono tutti cazzi tuoi.
Vai a cercare tra il materiale, ricordando benissimo che avevi carta cellophane, carta velina, sacchetti e/o buste di tutte le dimensioni e misure e fiocchi e nastri.
Ma...ma la carta, il sacchetto e i nastri che avevi (parolacce) sono assolutamente fuori dallo standard che ti serve per quell'anno.
E allora riparte il giro cartoleria-cinesi, con la cartolaia che ti guarda arrivare abbacchiata e angosciata da dietro la porta a vetri, mentre tu invece la vedi già sorridere e sfregarsi le mani. L'istinto è quello di girare i tacchi e mandarla affanculo. Ma è la tua unica speranza (insieme ai cinesi, che ormai conoscono anche come si chiama il tuo gatto) e quindi fai buon viso a cattivo gioco e lasci nel suo negozio metà della quota di stipendio che avresti dovuto destinare alla cena di Natale coi colleghi.
Dopo di che, impacchetti. Passi ore del tuo tempo libero a impacchettare e mettere fiocchi e, giunta alla nausea assoluta, finalmente finisci e, arrivata casa, ti bevi un grappino per merenda, anche se i superalcolici, di solito, sono l'ultima cosa che tocchi nella tua dispensa.

La consegna
E qua i non addetti ai lavor(ett)i penseranno: oh, finalmente si può stare tranquilli.
Eh, no!
Perché qui parte l'ultima - temutissima - tragedia.
Tanto per dire... io accendo la pistola a colla , ri-preparo carta e pinzatrice almeno 15 minuti prima di consegnare il lavoretto in mano al piccolo esercito di Unni. Ci sarà un perchè, no?
Eh, sì, perché, sebbene tu dia loro in mano il lavoretto, uno per uno, in ordine alfabetico, quando ormai sono vestiti e con la cartella a spalle - e non fa niente che l'ultimo dell'elenco abbia una temperatura interna al giubbotto pari quella di Sharm a mezzogiorno in luglio! Cazzi suoi! - ecco che un colpo di cartella, uno sgambetto, un gesticolare avventato, buttano a terra/spezzano/rovinano un lavoretto.
E allora di corsa a spacchettare, riattaccare, rimpacchettare e asciugare lacrime.
Coi genitori fuori che si lamentano perché esci 3 minuti in ritardo e loro devono correre a comprare gli ultimi regali (il fanculo mentale, in questi casi, è talmente forte che temo mi si legga in fronte).

La garanzia cancello
A quel punto, i bambini, tutti in fila ordinata e precisa (perché terrorizzati dalla tua faccia a seguito di quanto è appena successo), escono dalla scuola.
E tu tiri finalmente un sospiro di sollievo, perché tanto, per i lavoretti di Natale, almeno nella tua incattivita mente, dai la "garanzia cancello": una volta fuori, se cade improvvisamente un pezzo, fondamentalmente te ne fotti, non sono più cazzi tuoi!

L'epilogo
Rientri in aula. Sospiri. Prendi le tue cose, ti vesti, fai per uscire.
Ti cade l'occhio in fondo all'aula.
Eccolo lì. Un lavoretto abbandonato a se stesso.
Il bambino che è partito il giorno prima per le vacanze...quello che ora è in Marocco/Romania/Egitto/Tunisia (ecc.) a mangiare squisitezze e godersi sole e/o parenti ieri ti ha lasciato lì il lavoretto, mica lo ha preso, il piccolo stordito, anche se glielo hai detto tremila volte.
Tranquilla, appena finiranno le vacanze, qualcuno sarà pronto a farti notare che - anche questo - è colpa tua!


venerdì 3 novembre 2017

Buoni propositi

Mi prometto di non pensarci più.
Mi prometto di lasciar perdere.
Mi prometto di controllare il telefono meno spesso.
Mi prometto di controllare le mail meno spesso.
Mi prometto di non mandare messaggi.
Mi prometto di non mandare mail.
Mi prometto di non aspettare che succeda qualcosa.
Mi prometto di non stare nelle nuvole dietro a sogni vani.
Mi prometto di essere più presente a me e al mondo.
Mi prometto di crescere.

...che sarebbe anche ora.


martedì 24 ottobre 2017

Taci, il nemico ci ascolta

In qualche modo, sicuramente qualcosa finisce.
Ma sembra avere l'aria di qualcosa che comincia.
O, comunque, è da ridiscutere. 
Non lo so.
Staremo a vedere.

Dietro l'eco di spazi siderali
onde d'amore, onde di vento
vivono fuori e dentro me.
Ora ne trovo tracce nei miei giorni
nei movimenti quotidiani
ogni giornata basta a sé.
Taci segreti del cuore, 
movimenti del sole
ciò che non vuole morire
e non muore.
Trasforma in urli le ore
il desiderio che apre
luci di vita anteriore...


(sempre immensi Radiodervish e sempre grande Battiston).


lunedì 9 ottobre 2017

Canzoni e persone.

E' inevitabile per me: associo canzoni a persone o persone a canzoni.
Canzoni intere o soltanto frammenti, brani, frasi, rime.
E allora, via, a fare un elenco in assoluto ordine sparso delle mie persone-canzoni.

Mio marito è "Vedi cara" di Guccini, perché ognuno di noi due, negli anni, ha avuto, ha e - penso - avrà momenti in cui "fugge" e/o cresce senza l'altro e di cui poi, all'altro, cerca di spiegare qualcosa e o di rendere conto, in un qualche modo, non sempre riuscendoci. 
E mio marito è anche "Strade" dei Subsonica, perché tutte le volte che scappo, poi mi accorgo che 
"Forse
sta a pochi metri da me
quello che cerco
e vorrei trovare
la forza di fermarmi
perché sto già scappando
mentre non riesco 
a stringere più a fondo
e ora che sto correndo,
vorrei che fossi con me,
che fossi qui.
Sento, a pochi metri da me
quello che c'era 
e vorrei trovare
la forza di voltarmi..."

Mio figlio è "Sogna ragazzo sogna" di Vecchioni, indubbiamente e indiscutibilmente, per ogni frase della canzone, ma soprattutto perché sa già che gli
"diranno parole rosse come il sangue
 nere come la notte,
 ma non è vero, ragazzo, 
 che la ragione sta sempre con il più forte"
 e che sua madre non finirà mai di ripetergli
"lasciali dire che al mondo
 quelli come te perderanno sempre, 
 perchè hai già vinto, lo giuro,
 non ti possono fare più niente".

Mia figlia è Culodritto. Tutta, dal primo verso all'ultimo. Da lì non si scappa. L'ho capito appena ha potuto muoversi da sola per casa. Punto.

Il mio amico eNdRiU sarebbe tante, tante canzoni, ma qualche tempo fa, su tutte, ha prevalso "I cerchi degli alberi" dei Subsonica. Perché siamo cresciuti assieme quando eravamo anagraficamente già grandi, ci siamo reciprocamente contati gli anni e io potrei  tranquillamente dirgli che:
"Hai creato un silenzio
 che non scorderò
 l'hai portato con te
 c'è la pace che vorrei
 chiusa in fondo agli occhi tuoi,
 due fondali che non hanno età"
 e anche che
 "Siamo nuove origini
 fra le vecchie ingenuità
 dimmi che non moriremo mai"
Ma, soprattutto, entrambi sappiamo che
"Tutto gira in fretta intorno a noi
che respiriamo liberi
aria e lacrimogeni
stretti contro il tempo che verrà", 
perché ci siamo stretti da sempre e per sempre e perché abbiamo sempre e troveremo sempre aria da respirare in libertà, anche in mezzo a lacrime e lacrimogeni di ogni sorta, tipo, forma e qualità che la vita ci metterà davanti.

La mia amica ZiaPallina è "Nuvole Rapide" dei Subsonica, perchè...perchè è così e basta.
Anche lei sarebbe tante, tante canzoni diverse.
E' "Gli aironi neri" dei Nomadi, perchè "io e te amica mia/con le mani nelle tasche/ camminiamo sulla strada"; è "Il giorno di dolore che uno ha" di Ligabue, è "Senza patria" e "Utopia" dei Nomadi e ancora un milione di altre.
Ma "Nuvole rapide" l'abbiamo ballata di gusto al termine di un periodo un po' particolare della mia vita e allora, beh, lei è "Nuvole rapide" e basta. 


La mia amica Lara non lo so bene cos'è, però so che mi verrebbe sempre da dirle:
"Cara amica, il tempo prende, il tempo dà
 corriamo sempre in una direzione, 
 dove sia,che senso abbia, chi lo sa.
 Restano i sogni senza tempo, le illusioni di un momento
 le luci, nel buio, di case intraviste da un treno,
 siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa
 e il cuore di simboli pieno."
 E mi sembra di avere detto tutto.

"Curre curre guagliò" dei 99 Posse è l'estate che mi cambiò la vita, l'estate che mi portò a capire che, come si dice, le brave ragazze vanno in paradiso e le cattive dappertutto. L'estate che mi fece capire che la libertà che avevo dentro doveva uscire, in modo spaccone e prepotente, ironico e pungente, con una modalità di simpatica trasgressione che non faceva male né a me né ad altri, ma che spingeva a vivere la vita fuori dalla mia serietà e dal mio rigore e a ritrovare la bambina che raccontava barzellette ai compagni mentre non c'era la maestra o la ragazzina che faceva scherzi ai prof delle superiori.

"Diluvio" dei Subsonica è indubbiamente il ragazzo contro cui mi infransi in quella estate, a cui rubai la verginità senza nemmeno sapere di stare facendo una roba del genere. Non gli chiedo di perdonarmi: doveva parlare prima!!!

"20 de Abril" dei Celtas Cortos è, ma proprio senza dubbio alcuno, quel musicista che la suonava, che sa benissimo che tutto è cambiato, anche se la sua presenza nella mia vita è stato un TIR lanciato in corsa senza freni che ha travolto anche il guard rail.
Ora, invece potrei dirgli, in tutta calma, parafrasando la canzone,
"y tu sigue con tus canciones
 y yo siguo con mi suenos...",
anche perché, ormai da anni, posso dire, a proposito di lui, che:
"in fondo, sono tranquillo
 come un autobus in panne:
 sono scesi tutti i passeggeri
 ed anche le domande..." (Bandabardò "Povera Consuelo").

"Senza titolo" dei Mercanti di liquore è due miei ex-colleghi amici.
Ne abbiamo passate tante insieme, io e il mio Casertano sciupafemmine e, più avanti, io e la mia brianzola Sparamerdasullemerde, ma proprio tante.
Però non abbiamo mai rinunciato a inciampare, perchè "succede a chi cammina e guarda il cielo", il cielo di una professione bellissima e ingrata.

"La funzione" dei Subsonica è quel rugbysta a cui piaceva tanto farsi ascoltare e che ha ispirato, anche se non da solo, il post  "Agli uomini piace essere ascoltati".

Il mio Amico C. è "Canzone quarta" di Pippo Pollina, perché l'abbiamo amata tutti e due da subito, perché è in siciliano, lingua della terra dove è nato, terra che gli scorre nelle vene al posto del sangue; poi perchè siamo tutti e due innamorati dell'amore e sappiamo quanto vale dedicare il tempo a qualcuno. Quanto vale e quanto costa. Alla nostra età, poi, il tempo di "annacarsi" è passato e non dobbiamo sprecare neanche un minuto.

Le frasi
"Semini sabbia e diamanti camminando
 liberi le mie prigioni al tuo comando" di "Più di tutto" di Samuel
sono l'affascinante personaggio di mezza età il cui modo di camminare - lento, ma deciso - e il cui modo di porsi mi pare siano proprio questo: un misto di qualcosa di estremamente prezioso e brillante e altrettanto insidioso, sfuggente e mutevole. Inutile dire, visto il secondo verso della canzone, che il signore mi fa battere il cuore ogni tanto, anche se poi lì mi fermo. La canzone andrebbe avanti, ma è indubbiamente meglio che si fermi qui...o almeno credo!

E sempre in tema di cuore che batte fuori luogo, "El unicornio azul" di Silvio Rodriguez è il secondo grande amore della mia vita, l'amore mai concretizzato, quello per cui avrei abbandonato tutto; ma ho avuto, per fortuna, il buon senso di non farlo. 

La mia amica Linda è "Lazzaro" dei Subsonica, perché ho cantato e saltato con lei in una piazza questa canzone durante un concerto e poi ho mangiato anche un grosso sushi con lei e sono andata all'Expo ad assaporare il mondo con lei e poi la vedo ridere e scrivere e l'ho vista innamorarsi e incazzarsi.
E considerato che, se qualcosa fosse andato storto, poco tempo prima di tutto ciò avrebbe dovuto morire, beh...che altro aggiungere?

La mia amica Flory è "Tu che conosci il cielo" di Ligabue. Lei è brava a parlare con Dio e può farlo anche per me, che non ci credo. C'è da dire che Dio l'ha presa per il culo non male in tante occasioni e in tanti anni della sua vita. Ma lei lo perdona sempre. Come faccia non so. Però ci crede e tanto e non c'è dubbio che una tale forza di volontà nell'aver fede sia da ammirare.

La mia amica Nena è "Livido Amniotico" dei Subsonica. La vita l'ha colpita basso e duro e suo marito, se possibile, ancora peggio. La vita ha cercato di farle morire il corpo, suo marito ha cercato di farle morire l'anima. E io la ammiro in silenzio e spero solo che regga.

"Quando" dei Subsonica è - mio malgrado - legata ad una vecchia amica. Per anni ho pensato a lei ascoltando questa canzone e ho sperato che, finalmente, imparasse a risplendere.
Invece, quando sembrava avesse imparato a non fuggire più e avesse trovato se stessa, ha cominciato a dare sempre più spazio ai suoi fantasmi, è fuggita davvero e ha preso con sé la parte più bella della vita del mio amico eNdRiU. 

"Mai paura" dei Mercanti di Liquore è il mio amico Angelino. Un uomo buono, troppo buono, intelligente, a cui è impossibile non voler bene, un bene profondo, per tutto l'amore che lui ti dà gratuitamente. E' lui perchè lui mi ha fatto conoscere i Mercanti, quasi 20 anni fa ormai. E' lui perchè vorrei che ne facesse bandiera della sua anima, invece di lasciarsi vivere come spesso ha fatto e continua a fare.


AGGIORNAMENTO DEL MAGGIO 2018
Il mio amico Signor Ciottolo è "Se ti tagliassero a pezzetti" di De Andrè. 
Perché più volte mi ha fatto sentire così. Esattamente così. 
"Persa per molto
 persa per poco
 presa sul serio
 presa per gioco,
 non c'è stato molto da dire
 o da pensare
 la fortuna sorrideva
 come uno stagno a primavera
 spettinata da tutti i venti
 della sera.
 E adesso aspetterò domani
 per avere nostalgia,
 signora libertà, signorina fantasia,
 così preziosa come il vino, 
 così gratis come la tristezza..."
Così, durante il mio quotidiano, anche se solitamente non sono presa in trappola in un tailleur, ma in uno dei miei vari ruoli, quando mi tocca e mi toccherà camminare "fianco a fianco al mio assassino", cioè a fianco di cose che mi uccidono l'anima, beh, penso e potrò sempre pensare che qualcuno, in un periodo della mia vita, mi ha fatto il regalo di farmi sentire come in quella canzone e mi ha detto parole molto, molto, molto simili a: "Dammi quello che vuoi, io quel che posso".


E io?
Io sono quella che guarda e legge e scrive e guarda e ammira e commenta le vite degli altri.
Io mi ritrovo in "Vite" di Guccini, tantissimo. 
Sembra che sia stata scritta per me.

Ma, se mi chiedono che canzone SONO io, allora posso solo rispondere che io sono un mix tra "Quella che non sei" e "Viva" di Ligabue.
Oscillo pericolosamente (per me e per gli altri) tra il mio lato oscuro, quello dove fa freddo e in cui "nessuno è entrato mai" e il mio lato luminoso e caldo, in cui "non ti puoi spegnere, non hai mai avuto tempo, devi troppo vivere".
Spero che prevalga sempre il secondo lato. Per me e per tutti quelli che mi stanno accanto.
Se, però, prevalesse il primo in qualche periodo, beh, spero che mi scuseranno, poi passerà.

In fondo, la vita non è altro che una canzone. 


Proprio io.

Un Amico ha letto tutti i post di questo blog in pochi giorni.
Gli avevo chiesto di dirmi quale post gli fosse piaciuto di più, una volta terminato di leggerli.
Mi ha risposto così:

"Post indiscutibilmente più bello quello del 2 ottobre. C'è dentro un mondo: quello di chi sa trasformare i piccoli gesti in  grandi riserve d'affetto e talvolta d'amore. Direi che sei proprio tu."

Riflessione che taglia in due l'anima.
La mia.
Sì, sono proprio io. Che vivo di piccoli gesti.
Nel bene e, purtroppo, anche nel male.

Grazie all'Amico C.

(Il post a cui l'Amico C. si riferisce è questo.)

venerdì 6 ottobre 2017

E il resto conta niente.

Quando senti di avere qualcosa in comune con una persona.
Quando, a pelle, senti che potresti parlarci per ore.
Quando, d'istinto, sai che certe cose vi farebbero ridere o sorridere o commuovere o arrabbiare insieme.
Quando sei curioso di sapere cosa invece vi differenzia.
Quando sei curioso di sapere e basta.

E' un'alchimia che non succede spesso, soprattutto a quest'età, un'età "in cui tutto sembra meno importante"...
...ma poi la canzone continua e fa "Ma tu mi piaci troppo, il resto conta niente".

Ecco, devo sforzarmi di far contare il resto.
Non sempre è facile e non sempre voglio.

lunedì 2 ottobre 2017

Poche piccole parole.

Sorrido a causa di poche piccole parole.
Sorrido davanti a poche piccole parole.
Sorrido a chi, con poche piccole parole, 
mi fa capire che valgo qualcosa.
Sorrido perché, per me, 
quella persona vale qualcosa; 
quindi quelle piccole parole, 
per me, sono un suo sorriso.

mercoledì 6 settembre 2017

Crociata contro l'imbecillità.

Avete presente Lupo Alberto? Avete presente la tavola 760? No?
Beh, allora vi rinfresco la memoria: dalla tavola 760 in poi Enrico la Talpa si imbarcava per una mitica "Crociata contro l'imbecillità".

Munito di scolapasta in testa e spada di legno, partiva per una coraggiosa pugna contro i peggiori luoghi comuni e altre nefandezze.
Il suo equipaggiamento la diceva lunga sul risultato che avrebbe potuto avere nella guerra all'imbecillità.
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Enrico La Talpa con il suo equipaggiamento
Nel mese di Giugno ho intrapreso una mia personale battaglia contro l'imbecillità. L'imbecillità dei genitori della classe di mio figlio.
Non sto a raccontarvi cosa sia successo, ma ne ho incontrata così tanta, di imbecillità, da poterla tagliare con il coltello a fette spesse, meglio della nebbia in Brianza a Febbraio o della polenta a Bergamo in qualsiasi stagione.
Solo poche - ma buone - persone si sono unite a me in questa battaglia disperata.
Ieri, con due di queste persone, devo dire davvero speciali, ho ricreato il mio personale "Quasi come Dumas": tre moschettiere davanti ad una scuola hanno stretto la mano al quarto moschettiere, un professore tanto idealista quanto affascinante, tanto disperatamente convinto di quel che fa quanto illuso.
E le tre moschettiere hanno riversato sul professore tutte le cose lette in una indescrivibile chat di genitori ed in un'altrettanto impensabile chat di ragazzi.
Il professore è stato ad ascoltare, ha fatto considerazioni, battute, confronti.
E ha detto che si sarebbe impegnato per...
Mi veniva da regalargli una spada di legno ed uno scolapasta.
Ma, forse, non avrebbe capito, avendo lui di sicuro una formazione più eccelsa e classica della mia.
Allora solo buona fortuna, caro, carissimo prof, tanta buona fortuna e grazie.
Grazie per l'ammirazione e la fiducia che fatto nascere in mio figlio.
E in me.
Con stima.
La mamma di F.C.

Ricordi d'estate.

La Puglia è bianco abbagliante,
giallo dorato,
verde olivo,
azzurro nostalgia.
E profuma di forno.

mercoledì 19 luglio 2017

Quando un dio ti punisce.

"E ora so
 che non so più
 desiderare di peggio.
 So anche che
 quando un dio ti punisce
 avvera i tuoi
 più sudici desideri..."

Sono passati davvero tanti anni, ma mi ritrovo ancora in questa canzone.



giovedì 6 luglio 2017

Elogio della Provincia

Amo la Provincia.
Soprattutto la provincia profonda.
Quella di quando prendi una statale per sfuggire al caos in autostrada e ti ritrovi a passare vicino a paesi che si chiamano "Ravarino" o "Palata Pepoli" o "Omomorto" e a parcheggiare di fianco ristoranti su canali non ben precisati, dove, sulle tende scolorite, si legge in caratteri consumati "Specialità anguille e rane".
Quella in cui, in ristoranti di questo tipo, usa ancora che non ci sia un menù scritto, ma che sia il cameriere ad elencartelo, che ti dica "c'abbiamo il vino della casa, quello buono!", che sedie e tavoli abbiano dai 30 ai 40 anni suonati.
Quella dei bar anni '70,  di cui il "Bar Laica" di Radiofreccia è l'archetipo, dove c'è mezzo paese: i vecchi in pianta stabile, i bambini per le patatine e le cicche, i giovani per sparare cazzate e quelli delle età mezzo per i caffè, le chiacchiere, i pettegolezzi e dove, in una vetrina, fa bella mostra di sè sempre un panino rimasto o una pasta parente stretta della famosa "Luisona" del Benni.
In questi bar puoi trovare prodotti ormai estinti, come marche di gelato sconosciute al grande pubblico o la spuma nera o bianca e un barista o una barista che riesce a farti dire la storia della tua vita in meno di 10 minuti.
In quei luoghi si respira la provincia del matto del paese,l'omino che dà su i nervi a tutti, ma che tutti difenderebbero se un forestiero gli dicesse qualcosa; quella del negozio dove trovi di tutto: dalle ricariche telefoniche al sapone da bucato; quella in cui i personaggi più "famosi" li conoscono tutti e, di solito, in mezzo c'è sempre uno che ha ambizioni da artista, un carabiniere/guardia/ poliziotto, uno che sa fare un po' di tutto e via così.
Quei posti in cui staresti ore ad ascoltare cosa si dice la gente, a guardarla passare, a capire come funzionano le dinamiche del fuoridalmondo.
Questa provincia il Liga l'ha descritta benissimo in "Fuori e dentro il borgo" e ottimamente in Radiofreccia.
Ma ha fatto un bonsai, un condesato, un Bignami di tutto ciò in una delle sue canzoni più geniali.
In quella canzone la provincia la vedi, la tocchi, la annusi intorno ad un bar e i personaggi ci sono tutti, ma proprio tutti; e allora ti viene voglia di chiedere dove sia questo bar, ti viene voglia di entrarci, perchè vuoi giocare a biliardino e far casino con le palline, perchè vuoi sentire passare Rombo, perchè vuoi sorridere davanti alle dita alzate del Cavaliere.
Insomma, vorresti diventare, almeno per un momento, una comparsa in quel piccolo mondo, una figura di quell'affresco perfetto, un protagonista minimo in mezzo a tutto il kitch di quel circo di esseri umani che non sono altro che, in piccolo, un gran pezzo di Italia.




martedì 4 luglio 2017

"Ti guardo che mi guardi / non so se salutarti / o fare finta che non sia già tardi..."

Stimato Signore,
Le do del Lei, perché tra noi così abbiamo sempre fatto, per dovere, per convenzione e perché, col senno del poi, questa giusta distanza è indubbiamente la cosa migliore.
Per un po' ci siamo ritrovati a "condividere pensieri, opinioni, scritti, canzoni" e, inutile negarlo, ci trovavamo bene nel farlo.
Poi io mi sono accorta che, probabilmente, avevo travalicato un confine invisibile e che rischiavo di diventare fastidiosa e inopportuna. 
Così Le ho chiesto scusa di questa mia invadenza, scusa per le mie sciocchezze "d'amore o di morte che fossero" (... non ce l'ho fatta a non citar Guccini anche quella volta, e di ciò chiedo venia).
La Sua risposta mi ha quantomeno lasciata basita.
Non pensavo che Lei mi avrebbe mai scritto una cosa del genere, anzi, mi sembrava di essere io quella che era partita in corsa a scambiare mail e messaggi.
Però quello che mi ha lasciata ancora più esterrefatta è stata la Sua fuga.
E sì, caro Signore, la Sua fuga.
Quando ci siamo incrociati con gli sguardi, in mezzo a tutta quella gente, Lei è fuggito.
Andiamo, non mi venga a dire che è stato un caso, che non era voluto.
Lei si è girato a guardare se io ero ancora dietro ai vetri, mi ha visto avvicinarmi all'uscita ed è scappato veloce sotto la pioggia battente, via, correndo.
Una volta salito in auto, ha persino girato ancora la testa per vedere dove ero io, anziché guardare avanti, come era naturale fare.
Doveva stare tranquillo.
Al massimo sarei venuta a stringerLe la mano e augurarLe buone vacanze, come ho fatto con tante persone presenti in quel luogo. 
Nulla più. 
Non L'avrei rincorsa, non L'avrei disturbata, non L'avrei turbata oltre.
Quello che mi chiedo adesso è: da chi o da cosa Lei scappava?
Da me? Dalla situazione? Da se stesso?
In fondo non mi serve saperlo, anzi, direi proprio che è meglio, per l'economia delle cose, che io proprio non lo sappia.
Va bene così.
Facciamo finta di niente e, quando le circostanze ci costringeranno a parlarci, sforziamoci di essere gli adulti che ci rifiutiamo di essere (cosa che, in fondo, lo sappiamo bene entrambi, ci fa sentire vivi), almeno per quel quarto d'ora, quella mezz'ora, quell'ora che ci viene richiesta.
Poi ognuno potrà tirare fuori dalle tasche i suoi eventuali turbamenti, guardarli, rifletterci, sezionarli, affezionarcisi, buttarli o rimetterli via, ma con la coscienza di aver fatto del suo meglio per evitare di farsi e fare troppo male.




lunedì 26 giugno 2017

Non ci sono più gli operai di una volta

Hai presente la classica figura dell'operaio che entra in casa?
Non proprio quella dei film trash anni '70 e '80, ma qualcosa che abbia leggermente più stile.
Diciamo l'operaio che arriva, si presenta per nome e ti stringe la mano, che in due minuti vi date del tu.
Se lavora fuori, dalla primavera all'autunno quasi inoltrato, toglie la maglietta e tu puoi vedere i muscoli non palestrati, ma derivanti dall'uso delle braccia.
Quello che ha un po' di barba incolta, giusto perché è dalle 7 che lavora e non ha magari avuto nemmeno il tempo di farla.
Quello che fa una battuta simpatica, senza mai trascendere, ma gli è capitato più di una volta che una "signora" abbia invece trasceso con lui.
Quello che ti chiede il bicchiere di acqua e il caffè o magari anche un asciugamano, che deve lavarsi la faccia e le mani.
Quello che è un po' spettinato, ha le scarpe sporche e non vuole entrare in casa, perché teme di sporcare, e allora il caffè glielo porti fuori, ma con un sorriso e magari un biscotto.
Quello che comunque non ci faresti un pensierino (o magari sì, ma fugace), ma ti fa simpatia, perché, nel complesso fisico-approccio al cliente, è un bell'ometto e un bell'ometto che sa far andare le mani per aggiustare cose fa sempre un bell'effetto.

Ecco. Scordatelo.

Stamattina  è arrivato il tecnico delle caldaia.
Credo abbia la mia età. Ma dimostrava 10 anni di meno.
Un hipster. Sottolineo UN HIP-STER!
E' entrato dicendo buongiorno, con l'aria da chirurgo estetico.
Capello stracurato, che non si è spostato nemmeno quando ha smontato tutta la caldaia.
Barba perfetta, nei minimi particolari, di cui non si è smosso nemmeno un pelo quando ha usato il compressore per pulire la caldaia.
Maglietta che vestiva morbido e pulita; figuriamoci se si è sporcata quando ha usato lo sgrassatore per pulire gli interni della caldaia!
Unghie immacolate...dotazione credo aliena o soprannaturale.
E avanti così.
Sicuro come un treno in corsa, non un dubbio, non una parola di più del necessario, non un sorriso, neanche a pagarlo. Grazie, prego, al prossimo anno.

Ma dove sono finiti gli operai di una volta? Quelli con la faccia simpatica e imperfetta? Dove?

Mah.
Che brutta impressione.
Come andare ad una partita di Rugby e trovarci dei giocatori di Golf.
Agghiacciante.



martedì 20 giugno 2017

Rosa de caei

Due-tre giorni prima dell'8 Giugno, in accordo con la fine dell'anno scolastico e, dunque, con le follie ad esso connesse, sono andata dal parrucchiere, mi sono fatta tagliare a sufficienza i capelli e li ho fatti tingere con un bel riflessante rosso.
Il mio amico eNdRiU, che mi ha vista solo ieri e che si è accorto della cosa dopo due ore buone che mi vedeva (eccezionalmente intuitivo sui fatti della vita, molto meno su queste robe "di donne"), ha subito sciorinato una perla di saggezza popolare bergamasca.
Secondo il detto da lui citato, le donne rosse di capelli sarebbero golose di qualcosa che non è propriamente un cibo anche se, in alcuni contesti, ad esso viene metaforicamente assimilato.
Ho deciso d'acchito, lì per lì, che il prossimo riflessante sarà viola o blu, poiché sono assolutamente certa che la saggezza popolare, essendo per sua definizione atavica, non contempli tali gradazioni di colore per la chioma e che, quindi, un minimo della mia dignità potrà - almeno quel giorno - essere salva.

Breve riepilogo di 30 anni di caos interno.

Talvolta le mie non-storie hanno aspetti di tragicità che nemmeno le vere storie hanno.
Robe del tipo:

"Il cuore ha più stanze di un casino."
(che è praticamente la metafora della mia vita)
"Non andare, vai; non restare, stai; non parlare, parlami di te."
 "L'amore è un'invenzione che lacera".

Et similia.

Ringrazio, nell'ordine:
G.Garcìa Marquez per l'inarrivabile romanzo "L'amore ai tempi del colera",
F. Guccini per il brano "Canzone delle domande consuete",
i Subsonica per  il brano "Attacca il panico"




domenica 11 giugno 2017

Riattivazione surreale

Conversazione via WhatsApp delle 00:23 dell'11 Giugno 2017.

Protagonisti:
NB: Nonna Benassi
E: eNdRiU


NB: Quando hai tempo, mi aiuti a rientrare in Nonna Benassi blog?  Grazie. Saluti dal bar.

E: Ah, ma c'è ancora? Che posso fare io?

NB: Boh, pare di sì. Però non mi ricordo come si entra. L'ultimo mio post  è del 2013. Vorrei capire la procedura, ma l'assistenza è in inglese (bastardi). E non mi ricordo come entrare, vorrei rimetterlo in pista.

E: Perchè? (Non è una domanda scontata) Ma me lo puoi dire anche nei prossimi giorni. ;) 

NB: 
Perchè ho voglia di urlare (non so bene cosa).
Perchè ora ho 45 anni.
Perchè "sta dentro te che qua fuori è un brutto mondo".
Perchè ho bisogno di una valvola di sfogo.
Per avercelo lì e "avere tutto per possibilità", almeno come spazio per scrivere.
E perchè, 'orcaputtana, quando mi ci metto scrivo proprio bene, che poi a rileggere mi dà proprio soddisfazione e mi piace darmi soddisfazione.
E perchè sono narcisista, ma mai quanto te.

E: Ok, mi sembrano buone motivazioni. Sei sicura che ti serva un blog?

NB: E cosa dovrei usare, un diario?

E: Boh, un libro. Ma lì serve una trama e una struttura. In fondo scrivi fondamentalmente per te stessa.

NB: Esatto, serve una trama e una struttura. E io non ho nessuna delle due, non per scrivere, proprio dentro non le ho. Comunque mi piace l'idea che degli sconosciuti leggano me stessa e commentino. Mi potrebbe aprire gli occhi su me stessa.

E: Ma gli sconosciuti leggono i blog? O leggono solo FB?

NB: Mi piace pensare che gli sconosciuti leggano i blog e poi diffondano la voce che c'è questa un po' fuori che scrive queste cose e "magari vai a leggere che può essere che ti piacciano". Poi, scusa, se riprendo potresti tu dire in giro che c'è questo blog di questa che scrive queste robe che forse possono piacere. E così mi arrivano gli sconosciuti.
Oppure non lo legge nessuno.
E va bene lo stesso.

(Non ho bevuto, giuro!)

In soldoni: mi aiuti o no?

E: Certo!


..E allora, cari sconosciuti, bentornati su Nonna Benassi.
Auguri a me e pure un po' a voi!