sabato 23 dicembre 2017

Il lavoretto di Natale.

A metà novembre (a voler essere ottimisti) o, addirittura, agli inizi di novembre (grazie ai colleghi più previdenti, purtroppo) inizia l'odissea del lavoretto di Natale.
Dopo secoli di scuola, si possono distinguere ormai alcune fasi tipiche.

La ricerca
Tutti i colleghi di arteedimmagine cominciano a cercare un'idea, che però, quell'anno, sia davvero risolutiva, una roba, insomma, che faccia restare a bocca aperta genitori, nonni, parentame vario e faccia dire a tutti "Ooooh, ma che bravo che sei stato e che brava la tua maestra a fartelo fare".
Dopo una settimana di ricerche su libri,su riviste, in rete e di confronti nel corridoio a suon di "Questo è già visto, questo è troppo difficile, questo è banale, per questo non abbiamo i materiali", si passa ad una nuova ricerca: quella del lavoretto che...almeno sia carino.
Altro giro di confronti e di considerazioni.
E, dopo un'altra settimana ancora, si giunge alla rassegnazione del "Facciamo questo: facile, poca fatica, poco costo e insomma, anche se è un po' una cosa già vista, mica moriranno, no?".
Il livello è quello del "ma in fondo chissenefotte", ma, ormai presi dallo spirito natalizio, nessuna maestra lo ammetterebbe mai; almeno davanti ad un nutrito gruppo di colleghi...perchè, poi, nei sussurri in corridoio, beh, quella è tutta un'altra storia.

La realizzazione
Quando poi si è deciso di realizzare un certo "lavoretto" ecco che, puntualmente, succedono alcune catastrofi del tutto reiterate negli anni e, dunque, prevedibili, ma per le quali, incredibilmente, ogni anno ci si trova impreparati, peggio della protezione Civile dopo un'esondazione annunciata da settimane di piogge battenti.
- Il materiale non si trova più: era lì fino al giorno prima e sembra improvvisamente sparito! Dov'è finita la tempera verde? E il glitter oro? E i fiocchetti rossi? E via a comprare nella cartoleria più vicina o dai cinesi (benedetti cinesi!) cominciando a sperperare, a fondo perduto, una parte della tredicesima che si deve ancora riscuotere. La domanda su quale lavoratore è così coglione da spendere parte del suo stipendio per materiali del suo lavoro che poi finiranno - criticati - in casa d'altri eviterò di farla, ovviamente per non avere la risposta scontata che ne segue.
- Quel - poco - di materiale che dovevano portare i bambini non arriva. Ho provato ad attendere due settimane - dico due - per avere in classe l'anima di un rotolo di carta igienica, chiedendomi, invano, se in quelle case nessuno cagasse mai. Poi l'ho portata io da casa mia, tanto per la rabbia mi era venuta la colite e quindi...
- I bambini cominciano ad assentarsi proprio nel giorno in cui tu devi realizzare il lavoretto. E si assentano a macchia di leopardo. Così dopo due settimane ne hai tre che devono iniziare, due che sono a metà lavoro e cinque a cui mancano gli ultimi particolari. E hai l'agenda piena di post it per ricordarti "Incollare palline Gigino", "Glitter su Emmina" e così via.
- Durante l'intervallo, sebbene tu abbia fatto una barriera tipo bunker della prima guerra mondiale intorno ai lavoretti, qualcuno, regolarmente, ci  precipita sopra. E allora rimonta il tutto a Micheluzzo, re-incolla a Bettina, consola Annina che frigna disperata e intanto tu spari l'intero repertorio di parolacce mentali che conosci.

L'impacchettamento
Quando finalmente tutti i lavoretti sono in fila in fondo all'aula, corredati del loro bel bigliettino, che arrivi quasi a pensare che siano belli, ecco che ti arriva l'ultima mazzata: devi impacchettarli.
Se hai alunni di quarta o di quinta, allora più o meno ti aiutano e te la cavi. Ma, fino a che sei in terza, sono tutti cazzi tuoi.
Vai a cercare tra il materiale, ricordando benissimo che avevi carta cellophane, carta velina, sacchetti e/o buste di tutte le dimensioni e misure e fiocchi e nastri.
Ma...ma la carta, il sacchetto e i nastri che avevi (parolacce) sono assolutamente fuori dallo standard che ti serve per quell'anno.
E allora riparte il giro cartoleria-cinesi, con la cartolaia che ti guarda arrivare abbacchiata e angosciata da dietro la porta a vetri, mentre tu invece la vedi già sorridere e sfregarsi le mani. L'istinto è quello di girare i tacchi e mandarla affanculo. Ma è la tua unica speranza (insieme ai cinesi, che ormai conoscono anche come si chiama il tuo gatto) e quindi fai buon viso a cattivo gioco e lasci nel suo negozio metà della quota di stipendio che avresti dovuto destinare alla cena di Natale coi colleghi.
Dopo di che, impacchetti. Passi ore del tuo tempo libero a impacchettare e mettere fiocchi e, giunta alla nausea assoluta, finalmente finisci e, arrivata casa, ti bevi un grappino per merenda, anche se i superalcolici, di solito, sono l'ultima cosa che tocchi nella tua dispensa.

La consegna
E qua i non addetti ai lavor(ett)i penseranno: oh, finalmente si può stare tranquilli.
Eh, no!
Perché qui parte l'ultima - temutissima - tragedia.
Tanto per dire... io accendo la pistola a colla , ri-preparo carta e pinzatrice almeno 15 minuti prima di consegnare il lavoretto in mano al piccolo esercito di Unni. Ci sarà un perchè, no?
Eh, sì, perché, sebbene tu dia loro in mano il lavoretto, uno per uno, in ordine alfabetico, quando ormai sono vestiti e con la cartella a spalle - e non fa niente che l'ultimo dell'elenco abbia una temperatura interna al giubbotto pari quella di Sharm a mezzogiorno in luglio! Cazzi suoi! - ecco che un colpo di cartella, uno sgambetto, un gesticolare avventato, buttano a terra/spezzano/rovinano un lavoretto.
E allora di corsa a spacchettare, riattaccare, rimpacchettare e asciugare lacrime.
Coi genitori fuori che si lamentano perché esci 3 minuti in ritardo e loro devono correre a comprare gli ultimi regali (il fanculo mentale, in questi casi, è talmente forte che temo mi si legga in fronte).

La garanzia cancello
A quel punto, i bambini, tutti in fila ordinata e precisa (perché terrorizzati dalla tua faccia a seguito di quanto è appena successo), escono dalla scuola.
E tu tiri finalmente un sospiro di sollievo, perché tanto, per i lavoretti di Natale, almeno nella tua incattivita mente, dai la "garanzia cancello": una volta fuori, se cade improvvisamente un pezzo, fondamentalmente te ne fotti, non sono più cazzi tuoi!

L'epilogo
Rientri in aula. Sospiri. Prendi le tue cose, ti vesti, fai per uscire.
Ti cade l'occhio in fondo all'aula.
Eccolo lì. Un lavoretto abbandonato a se stesso.
Il bambino che è partito il giorno prima per le vacanze...quello che ora è in Marocco/Romania/Egitto/Tunisia (ecc.) a mangiare squisitezze e godersi sole e/o parenti ieri ti ha lasciato lì il lavoretto, mica lo ha preso, il piccolo stordito, anche se glielo hai detto tremila volte.
Tranquilla, appena finiranno le vacanze, qualcuno sarà pronto a farti notare che - anche questo - è colpa tua!